Pietra di Castellavazzo

Inquadramento geologico

Attualmente la “Pietra di Castellavazzo” è coltivata in una cava in località Olantreghe, sulla destra della Valle del Piave, ad una quota di circa 600 m s.l.m. In particolare la stessa “Pietra di Castellavazzo” (o Marmo di Castellavazzo, visto che si tratta di calcare lucidabile), che rappresentata – a livello storico – una delle principali se non la maggiore pietra impiegata nel bellunese e nelle zone vicine, corrisponde ad un pacchetto di strati di spessore relativamente modesto, circa 10 m, all’interno della successione di rocce che caratterizza il territorio del Comune di Castellavazzo e che si sviluppa per uno spessore totale di circa 850 m.

 

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Descrizione

A livello litostratigrafico (vedi Carta Geologica d’Italia a scala 1:50.000, foglio 046 Longarone) i medesimi strati si trovano alla sommità nella Formazione del “Biancone” che è seguita al tetto dalla Formazione della “Scaglia Rossa” e alla base dalla Formazione del “Ammonitico Rosso Superiore”, tutte del Cretacico.

Carattere litologico
  • Scaglia Rossa: Cretacico (Santoniano – Maastrichtiano): marne e micriti marnose rosse, grigie in alto, talora con intercalazioni di brecce e biocalcareniti gradate.
  • Biancone: Cretacico (Titoniano p.p. – Cretacico sup.): micriti selcifere bianche e grigie, ben stratificate, con sporadiche intercalazioni di biocalcareniti gradate. Localmente presenti calcareniti anche grossolane (Calcare di Soccher Auct.), marne e calcari marnosi verdi e rossi talora nodulari, calcari bianchi e nocciola talora in facies di Scaglia Variegata. Verso l’alto interstrati ed alternanze di marne grigio scure bioturbate e calcari nodulari in facies di Ammonitico Rosso (Marmo di Castellavazzo).
  • Ammonitico Rosso Superiore: Cretacico (Oxfordiano sup. – Titoniano inf.): calcari micritici nodulari grigi, verdastri talora rosati, moderatamente marnosi, ricchi in modelli interni di ammonoidi; alla base, lumachelle a Saccocoma.


Nel dettaglio il Marmo di Castellavazzo è costituito da una successione di calcari nodulari dal colore rossastro o grigiastro con spessore variabile da 1-2 m ad un massimo di 9 m. La nodulosità, caratteristica che rende piacevole l’aspetto di tali rocce utilizzate a scopo ornamentale, si è originata principalmente a seguito dei processi fisici cui furono sottoposti i sedimenti depositatisi in età cretacica.

Si distinguono inoltre due ordini di nodulosità dei quali il primo è di origine singenetica con la formazione del sedimento, il secondo di fase diagenetica posteriore alla litificazione (insieme di processi fisico-chimici che trasformano il sedimento in roccia) per effetto dei fenomeni di pressione-dissoluzione. Sul fondale marino avveniva la sedimentazione di melme calcaree ricche di microfossili (organismi pelagici) alla quale si alternavano depositi con moderata frazione terrigena formando una sequenza di livelli calcarei e sottili giunti marnosi. La diversa densità tra i livelli sopracitati innescava i fenomeni gravitativi che rimescolavano l’insieme riequilibrando le caratteristiche del deposito, generandone uno misto con plaghe di fango micritico isolate da una guaina marnosa. Mentre con questa serie di processi si determinava la nodulosità di primo ordine, alcuni milioni di anni dopo, sotto l’effetto del carico litostatico, si verificava la dissoluzione della frazione fine nel deposito ormai litificato generando gli orli di stilolitizzazione (caratteristica dentellatura che sostituisce l’originario giunto fra gli strati). La Pietra di Castellavazzo si trova essenzialmente in due varietà che si distinguono per la diversa pigmentazione: rossa e grigia. La varietà rossa occupa generalmente i livelli inferiori degli strati di cava, mentre la varietà grigia si trova al di sopra in continuità stratigrafica.

Di queste rocce risulta anche interessante l’originale descrizione dei vecchi scalpellini, riportata da DE VECCHI G. (1962), che chiamavano i singoli strati con il termine “corso“:

  • Corso chiamato “Pelet“, spessore 42 cm.
  • Corso detto “Grigio“, di cm 32; può essere diviso in due “laste” e viene usato per stipiti, scalini, architravi, balconi e poggioli.
  • Corso detto delle “Colone“, di cm 30; non può essere diviso in lastre e si usa per capitelli.
  • Corso detto delle “Quattro Laste“, di cm 45; può essere diviso in quattro lastroni per pavimentazione; unito serve per colonne.
  • Corso detto “Cinque Once“, di cm 15; divisibile in due, usato per stipiti.
  • Corso detto “Mezo Piè“, di cm 18; può essere diviso in due “laste” usato per stipiti, pilastrini e balaustri
  • Corso detto “Cinque Once“, di cm 13; non divisibile.
  • Corso detto “Pel Mort“, di cm 20; friabile e perciò non utilizzabile.
  • Corso detto “Quattro strati“, di cm 3 ciascuno, usato per gronde di tetti e cordonate di orti e aiuole.
  • Corso detto “Due Laste“, groppoloso di cm 17; dà le migliori lastre per pavimentazione.
  • Corso detto “Bianc e Ros“, di cm 21; sopra rosso e sotto bianco; usato per focolari, caminetti, stipiti e vasche di fontane.
  • Corso detto delle “Laste“, di cm 45; utilizzabili anche unite fra loro fino allo spessore massimo di cm 22, serve per pietre a faccia-vista e pavimentazione.
  • Corso detto dei “Pelet Bas“, di cm 90; divisibile in tre lastroni.

 

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